Ci sono luoghi che custodiscono il tempo, non come lo fa un orologio, ma come lo fa un albero secolare: silenzioso, paziente, radicato.
Tra le mura di questi spazi si respira qualcosa che va oltre la polvere, oltre le carte e gli scaffali. Si respira il peso della responsabilità, la delicatezza del ricordo, la volontà precisa di tramandare storie.
L’Archivio di Stato di Torino non è un semplice contenitore: è un organismo vivo, un cuore che batte lentamente per mantenere in vita ciò che è stato. In quelle stanze la carta ha odore di memoria e ogni riga scritta racconta una scelta, una responsabilità, un’epoca. È uno di quei luoghi dove il passato non è finito: attende. Vive nei gesti di chi ogni giorno lo ordina, lo protegge, lo prepara per chi verrà dopo.
Durante la Seconda guerra mondiale, a Torino, l’Archivio diventò un rifugio, ma non per chi voleva nascondersi. Era un rifugio per la coscienza. Mentre la città si piegava sotto i bombardamenti, un gruppo di impiegati e archivisti, donne e uomini, giovani e non, decise di restare. Non per eroismo nel senso classico del termine, ma per fedeltà a qualcosa di invisibile: l’idea che il passato, se cancellato, ci condanna all’oblio. Non avevano armi. Avevano penne, registri, casse, scatole, inventari. Avevano la consapevolezza che conservare documenti, atti, testimonianze non era solo burocrazia: era un atto politico, umano, necessario.

Questo spazio di custodia si trasformò in un avamposto di Resistenza civile. Quelle donne e quegli uomini hanno nascosto ciò che era necessario salvare, hanno rischiato, hanno resistito. e, nel farlo, hanno dimostrato che la cultura è un baluardo più resistente del cemento. Credevano che quel loro fare silenzioso avrebbe significato qualcosa per qualcuno, un giorno. E avevano ragione. Quei documenti hanno attraversato il tempo. hanno superato la guerra, la ricostruzione, l’indifferenza. Sono arrivati a noi. Parlano ancora.
In quelle stanze, la memoria non era solo un oggetto da conservare, ma un’idea da difendere. E così l’Archivio di Stato divenne anche un crocevia della Resistenza. Una sede clandestina dove si decidevano azioni, si scambiavano messaggi, si proteggevano vite. La conservazione diventava complicità. L’ordine dei documenti, un gesto di rivolta. Il passato preparava il futuro.
CREDITS
Un progetto dell’Archivio di Stato di Torino, sviluppato dalla Scuola Holden con la collaborazione del Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino.
Scritto e disegnato da Tonio Vinci.
Consulenza scientifica di Stefano Benedetto – Direttore dell’Archivio di Stato di Torino e di Leonardo Mineo– Università degli Studi di Torino
Sviluppo editoriale di Riccardo Calabrò e Davide Cerreja Fus.
Coordinamento di Sara Busto.
Momo edizioni.
Questa graphic novel è stata realizzata grazie all’Associazione Amici dell’Archivio di Stato di Torino ODV, nell’ambito del progetto Manutenzione della memoria territoriale sostenuto dalla Compagnia di San Paolo.